Max Pezzali torna a Catania per le due uniche date siciliane del “Max 30 – Hits Only”. Il racconto del concerto del “PalaCatania”.
Max Pezzali in concerto a Catania: report di una tappa “Bella vera”
Max Pezzali sbanca letteralmente Catania, raccogliendo numeri straordinari in termini di spettatori nelle uniche due date siciliane del 5 e 6 maggio del tour Max 30 – Hits Only organizzate Vivo Concerti e promosse da Giuseppe Rapisarda Management.
Il classico look sbarazzino anni novanta che non teme l’incedere dell’età e il ritmo incalzante – non c’è spazio per esitazioni e pause, la scaletta galoppa spedita tutto d’un fiato – sono soltanto due delle prerogative essenziali che hanno determinato il successo travolgente di Max Pezzali in giro per l’Italia (e non solo).
Tutti ingredienti che costituiscono parte integrante del tourbillon di emozioni ascendente nelle quasi due ore e rotte di concerto. Sapete cosa hanno in comune Max Pezzali e le “Universiadi”, tenutesi nel 1997 a Catania? Apparentemente nulla.
Eppure, dietro tale sillogismo, si nasconde un significato denso di ricordi, pronto ad inebriare la folla. Eh sì, perché il pensiero del cantautore milanese si fa da subito portavoce di un salto temporale: infatti, risale proprio all’inaugurazione del “PalaCatania” la primissima occasione in cui il frontman degli 883 calcò la superficie dell’impianto catanese. Sembra ieri e invece sono già trascorsi 26 anni…
Max Pezzali a Catania: l’ultima data segnata dal Covid
Di converso, balzando da un periodo storico all’altro e spostando le lancette del tempo (quasi) ai giorni nostri, c’è da sottolineare come la data più recente di Max Pezzali a Catania – alla Villa Bellini nel settembre 2021, in piena pandemia – non sia stata memorabile. Non per demeriti dell’artista, sia chiaro, bensì per una città “funestata” dall’ancora ingessata logistica delle restrizioni Covid. Un concerto, a conti fatti, vissuto rigorosamente da seduti, senza grosse possibilità di scatenarsi, paragonabile ad un urlo in gola strozzato che chiedeva al più presto una replica. Detto, fatto.
Il live report del concerto
Il preludio può essere catalogato nell’acronimo ASMR (Autonomous Sensory Meridian Response: una sensazione di rilassamento indotta da suoni, ndr): tocca, infatti, ai rumori simbolici degli anni novanta susseguirsi l’uno dopo l’altro, tra cassette, videoregistratori, rombi di motociclette e luci da disco che, foraggiando il crescente pathos in chi osserva ed ascolta, apparecchiano la tavola per un concerto dai connotati facilmente riconoscibili.
Peraltro, tutto coerentemente in pieno stile Pezzali: perché Max è uno concreto, abituato a non perdersi troppo in preamboli, rigando dritto verso il nucleo delle emozioni. E chi assiepava il “PalaCatania” – oggettivamente gremito – altro non ha potuto che omaggiare tale pragmatismo musicale, di lignaggio ormai trentennale.
La scaletta, come scritto in apertura, corre veloce. Rotta per casa di Dio è il pezzo che rompe gli equilibri, approfittando della propria genesi particolarmente movimentata, gasa la platea e ne dichiara l’unità di intenti verso un finale che si preannuncerà poi altamente adrenalinico. In mezzo, La regola dell’amico – nella sua estrema semplicità espositiva – suggella, invece, l’antesignano concetto legato alla moderna friendzone, gergo probabilmente abusato delle new generation per indicare sentimenti amorosi non ricambiati dall’ipotetico partner.
Ti guardi intorno e cantano davvero tutti, si respira un sincero divertimento scevro da negatività, perché la musica è vita e perché c’è voglia di abbattere le distanze e stringersi, idealmente, nell’autentica socialità mettendosi alle spalle mesi difficili.
Max Pezzali a Catania, l’unione fa la forza: i complimenti alla band
Nel tam tam delle tonalità di Quello che capita, c’è spazio pure per la presentazione dei componenti della band. In particolare, è apprezzabile la dedica a cuore aperto (e ricolma di commozione) riservata da Pezzali, il quale loda e sottolinea la naturale empatia dei suoi compagni d’avventura, sempre puntuali e punto di riferimento per lui nel portare a casa qualunque concerto.
A corredo, sottolineati anche i valori umani ampiamente sopra la media degli uomini, prima ancora che professionisti. Eh sì perché, oltre l’aspetto “docile”, intriso dalla canonica verve dissacrante che lo rappresenta, è lo stesso cantautore a ironizzare su alcune scelte discografiche, considerate forse poco lungimiranti in occasione del primissimo album: “Il singolo d’uscita non fu Hanno ucciso l’uomo ragno, bensì Non me la menare, una canzone su cui nessuno avrebbe scommesso mille lire…(ride, ndr)”. Scelta che, piaccia o meno, non ha comunque intaccato il suo successo, col pezzo sopracitato che assurge paradossalmente a colui che ha dato gli effettivi natali non solo all’album, ma pure agli 883 nella loro formazione originaria.
Non solo medley vis a vis col pubblico nel corso della lunga serata: tra un “Bravissimi!” – durante l’intro di Nessun Rimpianto – esclamato da Pezzali, comodamente abbarbicato in un angolino del palco a gustare con stupore l’intonazione all’unisono del ritornello da parte di tutti i presenti e l’invito accorato – ed esplicito, grazie alla concomitante scritta proiettata sul maxischermo – ad eseguire la coreografia con i flash degli smartphone per i pezzi più romantici del repertorio quali Come mai, Una canzone d’amore, Gli anni, ci si avvia a marce ingranate ad imboccare l’ultimo segmento dello spettacolo.
E alla fine si danza!
È qui la festa? L’ultimo scorcio è, dunque, dedicato alle melodie più dance del repertorio, col benevolo ghigno di Pezzali che rimarca la spensieratezza condivisa da grandi e piccini. Sì, perché si balla davvero a perdifiato e ci si scatena al ritmo forsennato di Nord, sud, ovest, est; Tieni il tempo e Con un deca.
È il degno epilogo della serata, di un concerto che tratta tematiche sociali rilevanti adoperando un linguaggio leggero, popolare, a volte fancazzista, ma sempre ponderato e mai retorico. Perché dal 1997 ad oggi di acqua sotto i ponti ne è passata tantissima eppure ciò che forse cerchiamo – in questa vita terrena – alla fine non sappiamo neanche se ci sia veramente.
L’unica certezza resta sempre lui e, nonostante la carta d’identità segni 55 anni, non sembra affatto perdere il vizietto casinista che ha, di fatto, attirato a sé migliaia di fan, regalando sempre emozioni positive, gioia ed ottimismo. Oltre al consueto – e camaleontico – appeal vintage, dal sapore autobiografico. Perché evitare di prendersi troppo sul serio è sempre il primo passo verso la felicità.
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A cura di Claudio Cutuli.
Articoli a cura della redazione di SiciliaLive.eu